Lo svolgimento dell’attività odontoiatrica è consentito solo ad un abilitato, ad una associazione tra professionisti o una StP. La conferma da una circolarle del MiSE
L’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico in forma societaria è possibile solo se organizzata in Società tra Professionisti (StP) mentre alle società di capitale è consentito lo svolgimento della attività anche in ambito sanitario ma come società di servizi. Questo, in sintesi, quanto indicato dal Ministero dello Sviluppo Economico nella circolare del 23 dicembre scorso in risposta ad un quesito posto dall’Ufficio del registro delle imprese di Trento.
L’ufficio chiedeva al Ministero il parere sulla decisione presa di non accogliere l’iscrizione di una Srl al registro delle imprese come “attività odontoiatrica”, anche se questa si è dotata di un direttore sanitario.
Ministero che conferma la valutazione dell’Ufficio del registro che ha sospeso la pratica segnalando che “l’attività di studio odontoiatrico (attività professionale protetta) può essere esercitata in forma societaria solamente da una Società tra professionisti”.
Quindi rispettando le regole previste per le StP: la prevalenza dei soci-professionisti nella gestione societaria, l’oggetto esclusivo delle società in questione deve essere l’esercizio dell’attività odontoiatrica; la stipula di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale; l’iscrizione all’Albo professionale degli odontoiatri”.
Nel parere il Ministero entra anche nel merito della possibilità per una “società commerciale” di esercitare nel settore odontoiatrico.
Chiarendo che lo svolgimento di attività professionali ordinistiche può essere svolta esclusivamente dai singoli professionisti abilitati, in associazione tra professionisti o costituendo una StP, la circolare ricorda che l’applicabilità all’attività sanitaria, come professione “protetta”, “non esclude che sia consentita, nell’ambito dell’attività sanitaria, la costituzione di società, purché tale costituzione avvenga per offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti, quale eÌ la prestazione di servizi che trascendono l’oggetto delle professioni protette (come potrebbe essere, ad esempio, l’esercizio di una clinica rispetto alle prestazioni di un medico o quello delle c.d. società di “engineering” rispetto alla prestazione di un ingegnere: cfr. in tal senso Cass., sent n. 1405/1989 e 566/1985) ovvero nel caso in cui la società abbia ad oggetto soltanto la realizzazione e la gestione dei mezzi strumentali per l’esercizio d’una attività professionale ancorchè protetta (comprensiva di immobili, arredamenti, macchinari, servizi ausiliari) che, peraltro, resti nettamente separata e distinta dall’organizzazione dei beni di cui si serve, anche sul piano contabile”.
“Ciò si verifica -continua la circolare- quando tra la società ed il professionista – che si pongano l’una rispetto all’altro come soggetti chiaramente diversi – intervenga un contratto per l’effetto del quale la società si obbliga a fornire al professionista tutti i beni strumentali e i servizi (accessori che consentono o facilitano, ma certamente non esauriscono, l’elemento specifico dell’attività professionale, che deve essere prestata personalmente, come stabilito dall’art. 2232 c.c. con le sole eccezioni ivi previste), e dall’altro lato, il professionista si impegna a pagare alla società un corrispettivo o in misura fissa ovvero in proporzione dei suoi proventi professionali”.
Ministero che continua chiarendo che “la liceità di un siffatto contrato (v. Cass., sent. n. 5656 del 13 maggio 1992, con specifico riferimento ad una società per la gestione di un gabinetto di analisi chimico cliniche) trova il suo fondamento, da un lato, nell’autonomia contrattuale (riconosciuta dall’art. 1322 per tutti quei contratti che, pur non appartenendo ai tipi aventi una disciplina normativa particolare, siano peroÌ diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela) e, d’altro lato, nella constatazione che, rimanendo il professionista l’unico soggetto direttamente in contatto con la propria clientela, che da lui soltanto riceve la prestazione professionale (sia pure grazie ai mezzi fornitigli dalla società), non viene compromesso il carattere personalissimo che la prestazione deve avere, neì il correlativo apprezzamento dell’ “intuitus personae”, neì, in definitiva, il prestigio stesso che la professione “protetta” deve avere per meritare la fiducia del pubblico: cioè nessuno di quei valori a tutela dei quali la legge vieta l’esercizio delle c.d. “professioni protette” nelle forme della società commerciale).
Norberto Maccagno
A questo link il testo integrale della circolare.